DISCORSO DELL'ARCIVESCOVO ALLA CITTA'

«La fiducia è il rimedio all’epidemia della paura»

Il coraggio, uno se lo può dare. Per una pratica della fiducia». Nel titolo del tradizionale Discorso alla città e alla Diocesi, alla vigilia della solennità di Sant’Ambrogio, mons. Mario Delpini ribalta la celebre frase di don Abbondio ne «I Promessi Sposi» e chiama ad alleanze per il bene comune.
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I primi giorni del mese di dicembre, per la città metropolitana di Milano, sono davvero importanti ed emozionanti: essa, capoluogo della Regione Lombardia, celebra il suo santo patrono Ambrogio.
I festeggiamenti, tradizionalmente, iniziano la sera del 6 dicembre, quando, nella Basilica dove il santo è sepolto, si celebrano i primi vespri della solennità, presieduti dall’Arcivescovo di Milano, durante i quali
egli pronuncia l’atteso Discorso alla città, nel quale esprime lo stile di cittadinanza che ritiene debba guidare la società civile che abita in Milano e in Lombardia.
Le celebrazioni per il patrono della metropoli continuano il 7 dicembre, giorno in cui la Chiesa ricorda l’ordinazione episcopale di sant’Ambrogio, con la Messa Pontificale, presieduta dallo stesso presule e, alla sera, con l’evento culturale della prima del Teatro alla Scala, alla quale partecipa, solitamente, anche il Presidente della Repubblica italiana.

Con queste parole, sabato 11 novembre nella Basilica del Seminario, noi tredici seminaristi di quarta Teologia siamo stati istituiti accoliti. La Chiesa ci sceglie per partecipare in modo particolare al suo
ministero e proprio nelle nostre mani consegna il dono prezioso dell’Eucaristia, non per trattenerlo ma per distribuirlo a tutti i fedeli. Ancora una volta, la Chiesa ci sceglie e ci chiama per nome: abbiamo
pronunciato davanti a tutta l’assemblea riunita il nostro terzo “eccomi”. Dopo il primo durante l’ammissione agli ordini sacri e il secondo durante l’istituzione a lettori, ora il nostro terzo “eccomi”, l’ultimo prima di quelli definitivi del diaconato e del presbiterato.
Il cammino prosegue e, con questo, anche le responsabilità e la serietà aumentano. In particolare, ci è affidato il compito di aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento delle loro funzioni e, come ministri straordinari, di distribuire l’Eucaristia a tutti i fedeli, anche infermi. Abbiamo iniziato a svolgere questo nuovo ministero nella comunità del Seminario e nelle realtà a cui siamo inviati quest’anno nei fine settimana, cioè ospedali e carceri.
È bello condividere tra di noi gli incontri fatti durante il sabato e la domenica. Sono incontri brevi e semplici, ma ricchi di umanità. Tra i momenti più forti, c’è quello della distribuzione della Comunione:
i malati attendono quel Sacramento e spesso si commuovono nel ricevere il Signore Gesù, realmente presente nel pane consacrato. Sono incontri inimmaginabili, inaspettati e gratuiti che segnano le nostre settimane e attraverso i quali è forse più quello che riceviamo di quello che diamo. Tutto questo per noi è possibile perché siamo chiamati, perché siamo in cammino dietro a Gesù.

DAVANTI ALLE AUTORITÀ
Anche quest’anno, i seminaristi sono stati coinvolti in alcune di queste celebrazioni: particolarmente, noi del Quadriennio teologico siamo stati invitati a partecipare all’appuntamento del 6 dicembre.
Appena entrati nella Basilica di Sant’Ambrogio, abbiamo avvertito la grande importanza di questo momento perché c’era tantissima gente.
Le prime file di panche erano occupate dal Sindaco di Milano, dal Presidente di Regione Lombardia, dal Prefetto della città e da altre autorità politiche, civili e militari e, il resto della Basilica, era occupato sia dai molti Sindaci dei vari Comuni lombardi che, da sempre, sono invitati a questo appuntamento, tutti con la fascia tricolore indosso, sia dai singoli fedeli accorsi perché desiderosi di onorare il patrono e ascoltare l’Arcivescovo.
La processione iniziale, composta soprattutto dai canonici del capitolo di Sant’Ambrogio e dai vicari episcopali e preceduta dai rappresentanti delle altre Chiese cristiane presenti in Milano, ha preso forma, puntualissima, alle ore 18 e ha accompagnato l’Arcivescovo presso l’altare maggiore della Basilica, l’altare d’oro di Vuolvino, dove egli, ricevuti i saluti dell’abate di Sant’Ambrogio, mons. Carlo Faccendini, ha dato avvio alla preghiera dei vespri.
Appena terminati i riti iniziali, l’Arcivescovo ha preso la parola e ha pronunciato il suo Discorso a tutta la città, intitolato Il coraggio, uno se lo può dare, stravolgimento di un celebre aforisma pronunciato da don Abbondio nel suo dialogo con il cardinale Federigo Borromeo ne I Promessi Sposi, capolavoro letterario dello scrittore milanese Alessandro Manzoni, della cui morte ricorre il centocinquantesimo anniversario.

CONTRO I SEMINATORI DI PAURE
Nel suo Discorso, Delpini ha, anzitutto, constatato che stiamo vivendo l’«epidemia della paura».
La paura è quel «virus conosciuto, ma il vaccino per prevenirne il contagio non è stato ancora trovato», la cui endemicità è favorita da alcuni «seminatori di paure», che la giustificano come una forma di realismo.
In contrasto, l’Arcivescovo ha proposto l’atteggiamento della fiducia come antidoto per l’assedio «continuo e dannoso» della paura.
Perciò, egli ha fatto un elogio dei «seminatori di speranza», uomini e donne che, anche oggi, nel nostro tempo e per il nostro territorio milanese e lombardo, sono esempio di fiducia, di un’umanità non chiusa nel suo avido guadagno, ma che guarda al bene della società, al bene dell’altro.

LE URGENZE
Nella chiusura della sua riflessione, Delpini ha individuato tre ambiti, a suo parere, estremamente importanti e di forte urgenza. Prima fra tutti la crisi demografica, perché cresca una «mentalità aperta alla generazione e desiderosa di futuro». In secondo luogo, ha citato l’educazione, affinché non si spenga la speranza di chi custodisce il futuro e perché tutti comprendano che «la vita è una vocazione e che il futuro è una responsabilità da affrontare, non una minaccia da temere».
Ultima, ma non meno importante, è stata nominata dall’Arcivescovo, la questione migratoria, per la quale egli auspica un intervento serio volto a «contrastare quel migrare disperato che espone a inimmaginabili
sofferenze».
Terminato il Discorso ufficiale, dopo un momento di silenzio, la preghiera dei vespri è proseguita con il canto dei Salmi e del Magnificat.
Sul finire della celebrazione, tutte le autorità cittadine di Milano hanno consegnato all’Arcivescovo alcuni doni, gesto che segna lo stretto rapporto di stima reciproca tra autorità civile e religiosa.

UN FUORIPROGRAMMA
Inoltre, prima della benedizione, l’Arcivescovo, per sottolineare l’atteggiamento di fiducia delineato nel Discorso poco prima pronunciato, si è abbandonato ad un fuoriprogramma raccontando una barzelletta
con protagonista un autista di Atm, alla quale tutta l’assemblea lì presente ha risposto con una fragorosa risata.
Impartita la solenne benedizione, la processione ha fatto ritorno alla cripta, situata proprio sotto il presbiterio, dove sono custodite le spoglie mortali di sant’Ambrogio e dei santi Gervaso e Protaso e le
autorità presenti sono uscite nel cortile adiacente la Basilica per ricevere il saluto personale che l’Arcivescovo teneva rivolgere a ciascuno.
Terminata la celebrazione, noi seminaristi siamo tornati nelle nostre comunità di origine per due giorni di tranquillità e riposo con le nostre famiglie.
Personalmente, ritengo che partecipare a questo evento sia stato molto entusiasmante, in quanto abbiamo potuto iniziare le celebrazioni del santo patrono della nostra Diocesi proprio con il nostro Vescovo, suo successore, ma è stato altrettanto interessante ascoltare le sue parole, avvertendo di fondamentale importanza il suo richiamo alla fiducia. Inoltre, è stato bello osservare, nella pratica, il contatto vivo che, da sempre, esiste tra la società civile e la Chiesa che noi, a lezione, studiamo e analizziamo.

Tratto dal numero 1 (Gennaio 2024) di “Fiaccola”