ORDINAZIONI SACERDOTALI

Annunciatori del Bambino, che è la Pace

Sono quindici i nuovi preti della Diocesi di Milano ordinati lo scorso 10 giugno in Duomo: uomini con i loro limiti, ma chiamati a portare a tutti l’annuncio di Cristo che salva.
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Lo scorso 10 giugno, nel Duomo di Milano, la Chiesa ambrosiana ha celebrato l’ordinazione presbiterale di 15 nuovi preti, tutti della nostra Diocesi.

Da sempre quella delle ordinazioni presbiterali è una delle celebrazioni più attese e importanti dell’anno pastorale, momento in cui la Chiesa locale è chiamata a guardare al suo passato, presente e futuro, consapevole di essere capace ancora oggi di generare nuove vocazioni al ministero sacerdotale.

Anche quest’anno il numero degli ordinati è rimasto in media con quello delle recenti ordinazioni, ma ben lontano dai numeri di qualche decennio fa.

È (forse) anche a partire da questo dato e ispirato dalle letture scelte per la celebrazione, come dal motto scelto dai candidati («Pace in terra agli uomini che egli ama», Lc 2,14), che il vescovo Mario, all’inizio dell’omelia, ha sottolineato che sarebbe bello potersi trovare davanti a quella moltitudine di messaggeri di pace che la notte di Natale apparve ai pastori assieme all’angelo che portava l’annuncio della nascita del Salvatore. Si spererebbe in una moltitudine che potesse anche in questo tempo essere messaggera di pace, ma ci si trova davanti solo a un piccolo gruppo di 15 uomini.

«Solo 15, e nemmeno perfetti» ha sottolineato il Vescovo. Non angeli quindi, ma uomini. Certo di buona volontà, ma pur sempre limitati, fallibili, ciascuno con i propri difetti, e che, inoltre, non sembrano nemmeno tutti essere ben “accordati” tra loro, ciascuno col proprio carattere e con la propria prospettiva sull’attività pastorale e sulle scelte da prendere riguardo il futuro della chiesa.

A onor del vero, verrebbe spontaneamente da dire che queste pennellate sembrano dipingere il quadro realistico non solo di questi 15, ma anche di ciascuna delle nostre comunità.

Mi sembra quindi interessante provare a rileggere l’omelia del Vescovo sentendola riferita a ogni cristiano e a ogni comunità, considerando la realtà descritta in riferimento a questi 15 immagine dell’intera Chiesa, in cui esiste da sempre una sproporzione tra la missione affidata e le forze da poter mettere in campo, realisticamente stimabili troppo inferiori per poter sperare il successo.

Come questa Chiesa può farcela? Come possiamo così pochi e limitati poter sperare di portare a compimento la missione di pace che il Signore Gesù ha affidato a ciascuno di noi?

La risposta suggerita dal vescovo Mario, in realtà, è molto semplice: la missione giungerà a compimento non perché sono gli uomini a compierla, ma lo Spirito che li abita e che opera attraverso di loro. Sarà lui a fornire le risorse e a suggerire gli interventi. Perché, però, questo possa realizzarsi, è necessario che ciascuno custodisca delle attenzioni.

In primo luogo – suggeriva il Vescovo – occorre guardare costantemente a quel Bambino, annunciato dall’angelo ai pastori, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia: è lui la pace, è grazie a lui che i popoli possono sperare di riconciliarsi. Non contano quindi i numeri degli inviati, non conta essere tanti o pochi, perfetti o meno, ma essere con Gesù, non dimenticarsi di lui, seguire la sua via, lui che è la via (Gv 14,6), aldilà delle proprie personali ambizioni: infatti, senza Gesù, nessuno può fare niente per la pace. Il Vescovo ha poi sottolineato l’importanza che la missione vada mai pensata come un’azione individuale. Solo una missione sotto l’azione dello Spirito, che pone Cristo come pietra d’angolo, è una «costruzione che cresce ben ordinata» (Ef 2,21), ed è proprio lo Spirito del Risorto a indicare che la missione di pace è sempre missione di Chiesa, mai solo dei singoli. La Chiesa non si costruisce sugli individui, ma sempre su una comunità. Il sacerdozio ministeriale è, infatti, sempre a servizio di quello battesimale, non viceversa. Questo vale per tutti, noi solo per i preti: ogni battezzato è sempre preso a servizio per altri, chiamato principalmente ad aver cura che la comunità in cui vive possa crescere ben ordinata a partire dalle responsabilità che gli sono affidate, piccole o grandi che siano.

Infine, il Vescovo ha raccomandato un’ultima cosa: «Parlare del Bambino». Come quei pastori a cui è apparso l’angelo hanno saputo mettersi in cammino verso Betlemme, così questi nuovi preti – e con loro ciascuno di noi – sono chiamati a portare il lieto annuncio di Cristo salvatore a tutte le genti. Anche in questo caso non si tratta di avere particolari doti o carismi, ma di avere semplicemente a cuore l’annuncio di salvezza che Dio ha consegnato alla Chiesa per mezzo proprio di quel Bambino, del suo figlio unigenito fatto uomo: nessuno può e deve tacere la salvezza che Gesù sta operando nella sua vita.

Mantenere lo sguardo fisso su Gesù, andare oltre qualsiasi forma di individualismo, avere a cuore l’annuncio: queste tre attenzioni che il vescovo Mario ha consegnato ai preti novelli possano quindi essere in questi mesi estivi doni di Grazia da invocare per chi ha iniziato il suo ministero presbiterale e, con essi, per ciascuno di noi.

Tratto dal numero 6-7 (giugno-luglio 2023) di “Fiaccola”