PASTORALE SPECIALE

La malattia, occasione per affrontare il vissuto

Due dottoresse del Policlinico di Milano raccontano la loro esperienza professionale e umana accanto ai pazienti oncologici, arricchita dalla presenza spirituale di sacerdoti, suore e seminaristi con i quali si è instaurata una preziosa collaborazione per accompagnare i malati e i loro familiari in momenti difficili.
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Siamo Maria e Giorgia, medici ematologhe e lavoriamo al Centro Trapianti di Midollo Osseo del Policlinico di Milano. Ci occupiamo di pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di un tumore del sangue e che arrivano a essere sottoposti a trapianto di midollo, dopo un lungo percorso alle spalle e con un altro ancora davanti a loro. In questo tratto di strada, che percorriamo insieme, si crea con loro e con le loro famiglie una conoscenza e una intimità profonda.
La malattia oncologica, infatti, è una malattia che per lunghi mesi ha grandi ripercussioni sullo stato di salute della persona e sulla sua capacità di mantenere le normali attività della vita quotidiana, per esempio il lavoro e la cura della famiglia. Tutto l’equilibrio e le risorse delle famiglie vengono sconvolti
nel tentativo di ricostruire un nuovo modo di vivere: sono molte e complesse le difficoltà da affrontare, come nel caso di un genitore di figli piccoli o un figlio di genitori anziani o di chi lavora e sostenta,
a volte da solo, tutta la famiglia.
Il nostro ruolo ci impone di cercare costantemente di inserire la scelta della miglior terapia in quel particolare contesto sociale: per una persona anziana questo si può tradurre nel tentativo di scegliere cure quanto più possibile compatibili con la vita domiciliare; per una mamma di figli piccoli diventa al contrario prioritario calare la necessità di uno spazio di cura personale all’interno del suo essere madre e come tale intimamente legata alla presenza per i propri bimbi.

L’ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE
In questo contesto così complesso è intuitivo pensare che l’obiettivo di cura non può che essere il benessere della persona in tutte le sue sfumature, comprese quelle spirituali.
In questi anni abbiamo conosciuto don Giuseppe e suor Cesarina, della congregazione di Maria Bambina, che vengono spesso a trovare i malati in reparto. Negli ultimi due anni sono affiancati da un gruppo di giovani seminaristi, che hanno portato una ventata di simpatia al servizio religioso e sono testimoni viventi di una gioventù che dona tutta la propria vita per Qualcuno, messaggio di per sé forte e controcorrente e solo per questo già molto significativo.
Il don e tutti loro sono sempre molto disponibili e attenti e, prima di andare a trovare i malati, capita spesso di chiacchierare tra noi, talvolta cercando di segnalare loro lo stato d’animo o le necessità dei nostri pazienti, perché possano essere di maggiore aiuto. Tra i nostri malati, come tra noi sanitari, ci
sono persone di tutte le religioni o non credenti.
Anche noi due partiamo da punti di vista religiosi molto diversi, ma per entrambe la presenza tra noi di un Cappellano richiama l’attenzione sul valore della persona umana, sulla sua essenza anche spirituale e su quanto la cura dell’uomo debba necessariamente tener conto di questa componente.
Ci rendiamo conto che, quando passano don Giuseppe, suor Cesarina o i seminaristi, la gran parte dei pazienti accetta volentieri una loro visita. Questo ricorda a tutti come il mettersi in ascolto e al servizio delle persone è sempre percepito come qualcosa di positivo. Quello in cui Giorgia e io crediamo profondamente e che cerchiamo di comunicare sempre ai nostri pazienti è che la malattia, la sofferenza e a volte anche la morte segnano e cambiano profondamente, ma possono essere una grande occasione per andare alle radici di ciò che rende davvero felici e provare a vivere in una nuova prospettiva le singole giornate, i propri progetti e le relazioni personali.

NUOVE GIOIE E SOLITUDINI
Fortunatamente, spesso dalle malattie onco-ematologiche si guarisce e ciò ci ha reso testimoni di vere e proprie rinascite non legate alla guarigione di per sé, ma per come la guarigione è stata vissuta: la malattia è diventata l’occasione per affrontare il proprio vissuto, i desideri e le motivazioni più profonde delle proprie scelte ed emergere come persone più forti, consapevoli e felici.
Abbiamo visto persone sposarsi in una camera sterile, altre fare l’esame di maturità, altre ricevere visite di tanti amici, altre ancora morire dignitosamente circondate dall’affetto dei propri cari. Abbiamo visto anche tanta solitudine, purtroppo, e tante persone soffrire senza nessuno accanto: la solitudine è uno dei
principali problemi dell’uomo di oggi, a maggior ragione di fronte alla malattia. Questo è il motivo per cui cerchiamo sempre, per quanto possiamo, di non far sentire soli i nostri malati e sicuramente il supporto spirituale ha un senso profondo anche in questo.
Per un credente, inoltre, la presenza del sacerdote è di fondamentale importanza perché si possono ricevere da lui i Sacramenti. Questo dono è unico, insostituibile e non dipende dalle doti personali dei sacerdoti e ciò può essere molto consolante per un prete, che magari, come tutti, fa esperienza del proprio limite umano.
Anche per un medico laico credente la presenza di un sacerdote ricorda che ognuno di noi può essere ogni giorno strumento di Gesù, che passa accanto ad ogni malato e a ogni collega.

Tratto dal numero 3 (Marzo 2024) di “Fiaccola”