In MIssione

In Ecuador circondata dai bambini

«Andate e invitate tutti al banchetto» è il versetto che ispira il messaggio di papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale, che quest’anno si celebra domenica 20 ottobre.
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Nel mese dedicato alle missioni, abbiamo intervistato Emanuela Balzarotti, Piccola Apostola della Carità, che da sette anni vive a Esmeraldas, in Ecuador. Le Piccole Apostole della Carità si pongono, per
vocazione, alla sequela di Gesù, per essere in ogni ambiente «come gli Apostoli con la carità pratica dei primi cristiani», secondo una felice intuizione del loro fondatore, don Luigi Monza. Il loro orizzonte
apostolico è perciò il mondo: il fine della loro esistenza donata, la «carità portata fino agli ultimi confini della terra».

Di cosa si occupa l’associazione
La Nostra Famiglia in Ecuador? Abbiamo un centro di riabilitazione affiancato da una scuola per bambini con disabilità. La scuola accoglie 160 bambini, dalla prima elementare fino ai corsi professionali, con diverse tipologie di disabilità.
Io, in particolare, collaboro con il rettore nella gestione della scuola, mantenendo i rapporti con i genitori e coordinando il lavoro degli insegnanti. Vivo in una comunità con cinque sorelle, tre italiane e due dell’Ecuador.

Cosa ti ha colpito di Esmeraldas, quando sei arrivata?
L’umanità delle persone, nonostante le difficili circostanze che affrontano, siano esse economiche, legate a catastrofi naturali o alla criminalità organizzata. La loro fede è concreta e tangibile: hanno sempre un riferimento alla volontà di Dio e ai suoi progetti per le loro vite, affidando con grande convinzione la propria esistenza nelle mani del Signore.

Cosa ti ha spinto a partire per la missione?
Nel 2017 mi è stato chiesto di andare in Ecuador e di aiutare il rettore nell’ampliamento della scuola, in particolare per l’introduzione dei corsi professionali, che fino a quel momento non esistevano. Sono
partita con questo obiettivo. Poi ho iniziato a chiedermi: «Perché non venire ad aiutare qui?». Mi sono posta molte domande, fino a rispondermi che, in Italia e all’estero, i bambini e i loro desideri sono gli stessi. Così, alla fine, ho deciso di rimanere e ora sono qui da sette anni.

C’è un momento particolare che hai vissuto?
È capitato l’altro giorno con un ragazzo udente, unico del gruppo, inserito in una classe di studenti sordi. Quando ha sentito che sarei partita a breve per tornare in Italia, è venuto nel mio studio con gli altri ragazzi per salutarmi. Ciò che mi ha profondamente commosso è stato il fatto che questi adolescenti mi abbiano voluto dare la loro benedizione prima della partenza. Questo gesto mi ha fatto riflettere: spesso non ci rendiamo conto di ciò che seminiamo, ma quando arriva il momento, il raccolto è molto più di quanto ci saremmo aspettati.
Ricevere la benedizione da adolescenti, in un’età in cui la fede è spesso messa alla prova, è stato per me qualcosa di sorprendente, un momento davvero speciale.

Qual è l’insegnamento più importante che ti ha trasmesso don Luigi Monza?
L’accoglienza dell’altro, dare il tempo necessario senza partire con i preconcetti. Una cosa che sto scoprendo, giorno dopo giorno, è proprio l’importanza delle relazioni. Dire «Dio è amore», concretamente, vuol dire scommettere sulla qualità delle relazioni. Don Luigi diceva che chiunque viene nelle nostre case, nei nostri centri, deve sentirsi in famiglia e questo invita a fare attenzione a chi ho davanti ogni giorno.

Tratto dal numero10 (Ottobre 2024) di “Fiaccolina”