Commento alla Parabola

Pronti a riconoscere Gesù

Dieci vergini, alcune accorte e prudenti, altre stolte, tutte chiamate a destarsi, procrastinare e vegliare
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Procrastinare, vegliare, destarsi. Queste sono tre parole complesse che non siamo abituati a usare e che il Vangelo ci presenta nella parabola delle dieci vergini (Mt 25,1-13).

Uno di questi verbi si riferisce alle vergini stolte, cioè coloro che sono poco attente e perspicaci, un altro alle vergini prudenti, cioè coloro che sono caute e prevedono i pericoli o la conseguenza delle loro azioni, un altro ancora si riferisce a tutte quante. Perché queste ragazze sono suddivise in due categorie, anche se si riuniscono tutte insieme per festeggiare? Perché alcune non possono partecipare alla festa?

Il destarsi di tutte le vergini

Destarsi: svegliarsi, scuotersi dal torpore o dall’assopimento.

Oggi ai matrimoni è tradizione che la sposa arrivi in chiesa partendo da casa sua (spesso in ritardo) accompagnata dalle proprie amiche. Ai tempi di Gesù non era tanto diverso, gli sposi venivano infatti accompagnati al luogo della festa dai propri amici.

Lo sposo di questa parabola arriva a casa della sposa così in ritardo che tutte le ragazze che dovevano accompagnarlo alla sua festa si addormentano. Quando arriva lo sposo, però, «tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade». Sia le vergini prudenti che quelle stolte, quando arriva il momento di svegliarsi, non continuano a dormire, ma si alzano e accendono le lampade per illuminare la strada che conduce al luogo dove si festeggerà.

Quante volte facciamo fatica a svegliarci la mattina per andare a scuola, ma il segreto di queste vergini è che si destano per un buon motivo: l’incontro con un amico, una festa, un’occasione per stare insieme, una nuova giornata di gioia che si apre. Così anche noi per svegliarci celermente abbiamo bisogno di un buon motivo per affrontare ciò che ci capiterà durante la giornata.

Il procrastinare delle vergini stolte

Procrastinare: differire, rinviare da un momento a un altro, allo scopo di guadagnare tempo o addirittura con l’intenzione di non fare ciò che si dovrebbe.

Appena sveglie, cinque ragazze si accorgono che il loro olio non è sufficiente per alimentare le lampade e chiedono in prestito del combustibile. Sagge, le altre cinque vergini rifiutano di prestare l’olio, perché insufficiente per tutte e dieci le lampade.

Le prime donne non si erano accorte che il loro olio era insufficiente?

È come se il pullman che ha accompagnato circa un mese fa i nostri amici di terza media a Roma per la professione di fede partisse con la spia della riserva di carburante accesa e, a pochi chilometri dalla Città Eterna, finisse la benzina. È impossibile che l’autista non abbia notato che stesse finendo la benzina, ha rimandato il rifornimento di carburante finché il pullman si è fermato.

Queste vergini hanno fatto così, hanno procrastinato, hanno cioè rimandato ciò che potevano fare subito.

Anche a noi per pigrizia, per stanchezza o per svogliatezza, capita di procrastinare, ma arriverà quella volta che sarà troppo tardi e ci perderemo una bella occasione e, in quel caso, sarà solo colpa nostra.

Il vegliare delle vergini prudenti

Vegliare: stare svegli, soprattutto nelle ore in cui si dovrebbe dormire.

Nelle ultime righe la parabola ci invita a vegliare come hanno fatto le vergini prudenti, che non hanno mai chiuso occhio; anche loro non conoscevano né il giorno né l’ora in cui sarebbe arrivato lo sposo, proprio come le altre ragazze.

Lo sposo della parabola da attendere è Gesù, noi non sappiamo quando tornerà e perciò dobbiamo sempre essere pronti ad accoglierlo. È come se un nostro amico ci dicesse: «Passerò da te oggi pomeriggio, scendi quando arrivo» e noi dobbiamo essere pronti, non possiamo lasciarlo aspettare sotto casa.

Gesù è quell’amico che ha promesso di passare da casa nostra e che continua a bussare alla nostra porta, attraverso il nostro prossimo. Non possiamo permetterci di non riconoscerlo o di lasciarlo andare, perché altrimenti anche lui ci dirà: «Non vi conosco».

Tratto dal numero 5 (maggio 2023) di “Fiaccolina”