IN MISSIONE

In Romania accanto alla gente di strada

Intervista a don Federico Pedrana, rientrato da poco nella Diocesi di Como, dopo sette anni come fidei donum a Bucarest
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«Oggi la missione ad gentes deve essere il costante orizzonte e il paradigma di ogni attività ecclesiale, perché l’identità stessa della Chiesa è costituita dalla fede nel Mistero di Dio, che si è rivelato in Cristo
per portarci la salvezza, e dalla missione di testimoniarlo e annunciarlo al mondo, fino al suo ritorno». Benedetto XVI così, nella Giornata missionaria mondiale del 2012, esortava sacerdoti, diaconi e laici a
essere testimoni nel mondo dell’amore di Cristo. Affascinati e attratti dalle parole di papa Ratzinger, abbiamo intervistato don Federico Pedrana, rientrato da poco nella Diocesi di Como, dopo sette anni
come fidei donum a Bucarest, in una comunità dell’Associazione Papa Giovanni XXIII (realtà, fondata nel 1968 da don Oreste Benzi, impegnata nel contrasto all’emarginazione e alla povertà).
I fidei donum sono presbiteri, diaconi e laici diocesani che vengono inviati a svolgere un servizio temporaneo in un territorio di missione.

Don Federico, cosa l’ha portato a lasciare l’Italia e a decidere di andare in missione?
Per diversi anni ho partecipato a campi estivi in Romania, insieme a gruppi di giovani ragazzi. Con il passare del tempo, ho avvertito un crescente desiderio di fare di più, fino a quando il richiamo dei poveri e delle realtà in cui vivono è stato così forte da prendere la decisione di partire e vivere lì per un lungo periodo come fidei donum.

In questi anni sono nate delle amicizie significative, che è riuscito a conservare?
Sono nate delle amicizie e dei rapporti significativi con tantissima gente, anche se alcune persone di strada le ho perse, proprio perché, essendo di strada, non è facile mantenere i rapporti con loro. Un
legame particolarmente speciale è nato con le suore di Madre Teresa di Calcutta. Ancora oggi, manteniamo un rapporto stretto e ci sentiamo regolarmente. Ogni volta che torno in Romania, faccio sempre un salto da loro per un affettuoso saluto.

Quali erano i suoi impegni quotidiani?
La nostra missione in Romania era centrata sulla vita di strada. Circa tre o quattro volte a settimana, ci recavamo nei quartieri periferici per incontrare i bambini zingari. Diverse sere a settimana distribuivamo
minestra alle persone senza dimora e ai tossicodipendenti in diverse zone della città di Bucarest, tra cui la stazione.

C’è un incontro che desidera raccontare?
Uno degli incontri più significativi è stato con Dumitru, un signore di quarant’anni che vive alla stazione di Bucarest da quando ne ha otto. Sin da quando l’abbiamo conosciuto è nata una bella amicizia, tanto che lui stesso ci aiutava nella distribuzione della minestra ai bisognosi. Date le sue condizioni di vita, più volte l’abbiamo invitato a vivere con noi, poiché nella nostra casa c’erano anche persone provenienti dalla strada, ma ha sempre rifiutato. Fino a quando una sera, appena arrivati alla stazione, ci ha sorpreso
dicendoci che quella sera sarebbe venuto a stare da noi. Salito sul nostro pullmino, una volta a casa, Dumitru è scoppiato in lacrime per cinque minuti, si è lavato ed è andato a letto. Non conosco la ragione di quelle lacrime, ma mi sono entrate dentro rimaste, le porto con me perché molto significative.

Come pensa che l’esperienza in missione abbia influenzato la sua vita?
Avvicinandomi sempre più a Cristo, in una conversione sempre più profonda. La mia vita è cambiata perché, giorno dopo giorno, è cresciuta l’amicizia con il Signore, questo è un primo aspetto a me molto caro. Inoltre la missione mi ha aiutato ad avere tanta pazienza con me stesso.

Tratto dal numero 1 (Gennaio 2024) di “Fiaccolina”