Come già visto, i discepoli non vanno da soli in missione, perché il Signore continua ad accompagnarli con lo Spirito Santo ed è quest’ultimo che permette loro di compiere miracoli.
Il paralitico di Gerusalemme
Mentre salivano al tempio di Gerusalemme, gli apostoli Pietro e Giovanni incontrano a una delle sue porte «un uomo, storpio fin dalla nascita» (At 3,2).
La Bibbia racconta che questo uomo viene portato vicino al tempio ogni giorno, fin da quando è nato, per chiedere l’elemosina, che oggi noi chiamiamo anche carità.
Gli apostoli non avevano oro o argento da dare a quest’uomo, ma gli donano ciò che di più prezioso hanno: la Carità con la C maiuscola.
Comunemente oggi si dice “fare la carità” per dire aiutare i poveri o “fare l’elemosina”; in realtà la carità è qualcosa di molto più grande.
Nella Bibbia è scritto che «Dio è amore» (1Gv 4,8), in latino questo amore si dice caritas, che viene tradotto in italiano con carità. Quindi possiamo dire che Dio è Carità.
Quello che gli apostoli danno all’uomo alle porte del tempio di Gerusalemme è qualcosa di più prezioso dell’argento e dell’oro, perché gli donano la Carità, l’amore stesso di Gesù. Tutto il denaro del mondo non avrebbe potuto guarire l’uomo dalla sua malattia e farlo camminare, neppure le buone intenzioni di Pietro e Giovanni ne sarebbero stati capaci, ma l’amore di Gesù, che si è reso presente grazie allo Spirito Santo, sì.
Tabita
Un episodio simile accade a Giaffa, una città sul mar Mediterraneo che oggi fa parte di Tel Aviv. Qui viveva una ragazza di nome Tabita, una sarta che spesso cuciva gli abiti anche per i discepoli di Gesù. Purtroppo, improvvisamente, Tabita si ammala e muore. Non appena Pietro viene a sapere della morte di questa ragazza, va subito a casa sua per vedere cosa è successo.
Quello che fa Pietro è molto simile a ciò che aveva visto fare a Gesù qualche anno prima. Gesù e i discepoli un giorno erano stati chiamati dal capo della sinagoga, Giairo, perché sua figlia era malata e aveva appena perso la vita a causa di questa malattia. Gesù in quel caso andò davanti al letto della bambina, le prese la mano, le disse di alzarsi, «e subito la fanciulla si alzò e camminava» (Mc 5,42). Pietro forse si è ricordato di quell’episodio e ha provato a comportarsi come si sarebbe comportato Gesù; così va davanti al letto della ragazza, le dice di alzarsi, le dà la mano e subito Tabita si alza e cammina.
Come per il paralitico di Gerusalemme, anche in questo caso a compiere il miracolo è Gesù stesso, grazie allo Spirito Santo. Lo Spirito Santo permette a noi cristiani di fare le cose come le fa Gesù perché, per
citare papa Francesco, lo Spirito Santo «è l’Amore di Dio che fa del nostro cuore la sua dimora».
Nel nome di Cristo
Ciò che fa Pietro è, come lui stesso dice, «nel nome di Gesù Cristo» (At 3,6). Anche noi, forse senza accorgercene, ripetiamo le stesse parole di Pietro ogni domenica. Quando andiamo a Messa, subito dopo la benedizione, il sacerdote dice: «Andiamo in pace!» e noi prontamente rispondiamo: «Nel nome di Cristo!».
Pietro ci insegna che cosa significa andare «nel nome di Cristo», cioè portare al mondo e a chiunque incontriamo la Carità di Gesù. Se Pietro, gli altri apostoli e i tantissimi cristiani, in questi duemila anni di storia della Chiesa, non avessero fatto così, forse il mondo non avrebbe mai conosciuto Gesù, perché nessuno glielo avrebbe testimoniato. Anche noi, nel nostro piccolo, facendoci vedere felici della nostra amicizia con Gesù, possiamo portare in giro lo Spirito Santo e chissà, magari regalare un nuovo Amico ai nostri amici, anche se non sempre è facile.
Non è stato facile nemmeno per Pietro, perché ha trovato tante persone che gli andavano contro, come le aveva trovate Gesù: le guardie, gli uomini del Sinedrio e persino il sommo sacerdote. Ma questo non è stato sufficiente per fermare Pietro e lo Spirito Santo, è persino riuscito a far scattare qualcosa nel cuore di «un uomo di nome Cornelio, centurione» (At 10,1), come approfondiremo nell’ultima puntata del fumetto.
Tratto dal numero 5 (Maggio 2025) di “Fiaccolina”