Attualmente gli adolescenti che partecipano sono undici, provenienti dalle varie Zone della Diocesi. Ne parliamo con il referente, don Michele Galli.
Come si svolge concretamente questa proposta?
Ci ritroviamo una volta al mese, sabato e domenica, normalmente a Venegono in Seminario, ma anche andando a visitare persone e realtà presenti in altre comunità nella Diocesi. Al sabato pomeriggio si incontra un “testimone” che presenta qualche aspetto significativo della sua vita e della sua vocazione; abbiamo incontrato, ad esempio, una famiglia con ragazzi in affido, il prete e i seminaristi che svolgono servizio in carcere, una giovane che ha fatto esperienza di conversione alla fede… Il pomeriggio poi si conclude con la preghiera del Vespro e la cena. Dopo cena ci concediamo un tempo di gioco, di condivisione amichevole tra noi. La domenica mattina è dedicata alla preghiera, cominciando dalle Lodi e proseguendo con un tempo di ascolto della Parola di Dio nella lectio divina, con anche un tempo prolungato di silenzio e di preghiera personale che conduce alla celebrazione della Messa. Dopo il pranzo insieme, si dedica il primo pomeriggio a una breve istruzione che quest’anno riguarda la preghiera, riflettendo sulle diverse attenzioni per introdursi e i diversi linguaggi con cui entrare in un dialogo con il Signore. Concludiamo sempre con un momento di condivisione tra tutti i partecipanti e lasciando
qualche provocazione, o qualche “esercizio” da vivere nelle settimane successive, aiutati dal confronto con la guida spirituale che accompagna il cammino (spesso si tratta del prete della propria parrocchia). Si termina normalmente intorno alle 15.30.
L’incontro con i testimoni e l’ascolto della Parola di Dio vogliono aiutarci a riflettere su un unico tema che accompagna tutto il cammino di questo anno e che è la contemplazione delle mani di Gesù: il Vangelo le racconta come mani che salvano, spezzano, accompagnano, accarezzano… Sono mani che ritroviamo anche noi, nella concretezza della nostra vita.
Non è un po’ presto pensare alla vocazione in età adolescenziale?
Direi che non è troppo presto pensare alla vocazione da adolescenti, perché il Signore ci parla in qualsiasi età, ed è bello accompagnare adolescenti e giovani che hanno desiderio di prendere sul serio la propria vita e il proprio futuro. Non si tratta di anticipare o affrettare decisioni definitive che sarebbero premature
a questa età, piuttosto di ascoltare e far fiorire il desiderio di seguire il Signore che ci parla nel suo Spirito.
Quali passi vengono suggeriti a un adolescente che vuole interrogarsi sulla chiamata di Dio per lui?
Innanzitutto credo sia importante trovare una guida spirituale con la quale impostare il cammino di fede e insieme poter pensare ad alcuni passi di crescita e di conoscenza di sé. Insieme e grazie alla guida, ritengo fondamentale approfondire sempre di più la relazione con il Signore nella preghiera, mettendosi in ascolto e imparando diversi linguaggi e modalità. Un ulteriore passo può essere quello di poter scegliere e sperimentarsi in qualche esperienza di servizio all’interno della propria comunità.
Quali attenzioni vocazionali possiamo vivere nelle nostre comunità e nei nostri oratori? Un consiglio particolare per noi preti?
Mi pare che una scelta decisiva per noi preti sia quella di provare ad accompagnare sempre in modo personale i ragazzi e i giovani. È chiaro che questo non è facile e non è scontato, considerando le molte cose di cui normalmente ci dobbiamo occupare e le varie esigenze delle nostre comunità, ma questo sguardo personale e diretto al cammino di ciascuno è necessario, soprattutto in questo nostro tempo che non è più quello di grandi convocazioni a cui tutti si sentono chiamati, ma in cui torna necessario “uscire” per incontrare le domande e i desideri della vita.
Per creare una “cultura vocazionale”, cioè una consapevolezza che la vita, ogni vita, è vocazione (come insistentemente l’Arcivescovo ci invita a considerare), mi paiono preziose quattro attenzioni nelle nostre comunità.
Anzitutto proposte spirituali intense e coraggiose, che anche per noi preti significano tornare a un elemento specifico del nostro ministero, quello di insegnare a pregare; senza paura di tenere questo come una priorità pastorale. Proporre poi esperienze di servizio, in cui possiamo concretamente uscire da
noi stessi e tornare ad intuire la vita come dono, all’altro, agli altri, al Signore. Non si coglie la vita come vocazione fin quando rimaniamo centrati solo su noi stessi, le nostre soddisfazioni e l’illusione di una felicità isolata e ripiegata sui nostri bisogni. In questa direzione mi paiono significative anche tante esperienze di tempi di vita comunitaria e di tempo condiviso. Infine, in modo del tutto speciale, è da
valorizzare anche l’esperienza del pellegrinaggio: camminare insieme ad altri, verso una meta che ci suggerisca un incontro di fede in una comunione di cammino, di vita, di fatiche, di preghiera.
Tratto dal numero 2 (Febbraio 2024) di “Fiaccola”