Preti 2025

Una vita spesa per amore

La vita di suor Maria, che verrà proclamata santa il prossimo 19 ottobre, in occasione della Giornata missionaria mondiale, merita di essere conosciuta dall’inizio alla fine,
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Se non avete partecipato alla Tre giorni chierichetti, probabilmente non conoscete la storia di Maria Troncatti, che abbiamo raccontato in parte nel fumetto. Questa giovane donna, entrata a far parte delle Figlie di Maria Ausiliatrice e poi partita per la missione, è stata una delle figure di riferimento per i chierichetti nei giorni trascorsi alla Montanina (di cui diamo conto nelle pagine successive).
Ma la vita di suor Maria, che verrà proclamata santa il prossimo 19 ottobre, in occasione della Giornata missionaria mondiale, merita di essere conosciuta dall’inizio alla fine, perché è stata un lungo viaggio, che ha toccato diversi luoghi, con un unico obiettivo: portare pace e amore.
Nata e cresciuta sulle montagne vicino all’Aprica, a Còrteno Golgi, dove questa estate verrà ricordata con una serie di iniziative (date un occhio alla locandina a pagina 13), è scesa fino al mare della Liguria e qui ha capito che la sua meta era dall’altra parte del mondo, tra i poveri dell’Ecuador. Così, seguendo la sua vocazione, è partita per la missione, superando tante difficoltà, come ci racconta suor Marisa.

Dalle montagne alla foresta amazzonica
Il 25 agosto 1969, a Sucúa (Ecuador), il piccolo aereo che trasporta in città suor Maria Troncatti precipita pochi minuti dopo il decollo, sul limitare di quella selva che è stata per quasi mezzo secolo la sua “patria del cuore”, lo spazio della sua donazione instancabile fra la popolazione indigena degli Shuar.
Suor Maria vive il suo ultimo decollo: quello che la porta in Paradiso. Ha 86 anni, tutti spesi in un dono d’amore. Nasce a Còrteno Golgi (Brescia) il 16 febbraio 1883. Nella numerosa famiglia cresce lieta e operosa fra i campi e la cura dei fratellini. Assidua alla catechesi parrocchiale e ai sacramenti, l’adolescente Maria matura un profondo senso cristiano. A Còrteno arriva il Bollettino salesiano e la giovane pensa alla vocazione religiosa. Maggiorenne, chiede l’ammissione all’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dove emette la prima professione nel 1908 a Nizza Monferrato. Durante la prima guerra mondiale (1915-1918) suor Maria segue a Varazze corsi di assistenza sanitaria e lavora come infermiera crocerossina nell’ospedale militare, un’esperienza quanto mai preziosa durante la sua lunga attività missionaria.
Nel 1922, infatti, viene destinata alle missioni dell’Ecuador, da dove non farà mai più ritorno in patria. Accompagnate dal vescovo missionario mons. Comin e da una piccola spedizione, suor Maria e altre due consorelle si addentrano nella foresta amazzonica. Loro campo di missione è la terra degli indios Shuar, nella parte sud-orientale dell’Ecuador. Appena giunta a Mendez, suor Maria si guadagna la stima della tribù, operando con un temperino la figlia di un capo ferita da una pallottola. Le suore si stabiliscono definitivamente a Macas, un villaggio di coloni circondato dalle abitazioni collettive degli Shuar, in una casetta su una collina. Come don Bosco fu padre e maestro, suor Maria diventò madre e per 44 anni sarà chiamata Madrecita.

Medico del corpo e dello spirito
Porta avanti con le sue consorelle un difficile lavoro di evangelizzazione, in mezzo a rischi di ogni genere, non esclusi quelli causati dagli animali della foresta e dalle insidie dei vorticosi fiumi da attraversare a guado, o su fragili ponti di liane, oppure sulle spalle degli indi. Un lavoro molteplice quello di suor Maria come infermiera, chirurgo e ortopedico, dentista e anestesista… Ma è soprattutto catechista ed evangelizzatrice, ricca di meravigliose risorse di fede, di pazienza e di amore fraterno.
Suor Maria si reca nelle capanne per curare i malati; parla di Cristo, nella lingua del luogo. La sua opera per la promozione della donna Shuar fiorisce in centinaia di nuove famiglie cristiane, formate per la prima volta per libera scelta personale dei giovani sposi.
Viene soprannominata “la medica della selva”; dal semplice e povero ambulatorio giunge a fondare un vero ospedale e prepara lei stessa le infermiere. È medico per il corpo e per lo spirito: mentre cura, o distribuisce medicine, consiglia ed evangelizza, educa al perdono indigeni e coloni. «Uno sguardo al Crocifisso mi dà vita e coraggio per lavorare », questa è la certezza di fede che sostiene la sua vita. In ogni attività, sacrificio o pericolo si sente sorretta dalla presenza materna di Maria Ausiliatrice.
La sua salma riposa a Macas, nella provincia di Morona-Santiago.
Papa Benedetto XVI l’ha iscritta nell’Albo dei Beati il 24 novembre 2012 e papa Leone XIV la proclamerà santa il 19 ottobre prossimo.

Una santità attuale
I doni di Dio non arrivano mai in modo casuale e la canonizzazione di suor Maria Troncatti, in questo periodo storico segnato da guerre e divisioni, all’interno del grande Giubileo della speranza e negli anni in cui i Salesiani di don Bosco e le Figlie di Maria Ausiliatrice celebrano gli anniversari delle prime spedizioni missionarie (150 anni rispettivamente nel 2025 e nel 2027), sembra essere un invito e una carezza che il Signore riserva agli uomini e alle donne di oggi. Suor Maria ha infatti vissuto in prima persona le ansie e le angosce che accomunano tanti Paesi del mondo, di fronte alla violenza innescata dalla guerra; è stata testimone non solo delle ferite delle pallottole negli scontri tra tribù, ma anche di quelle più profonde che si annidano nell’anima, fatte di paura per un quotidiano incerto, di sospetto di fronte al fratello, di schieramenti che accecano il bello e il buono che ciascuno porta in sé.
Di fronte a tanto male, suor Maria è stata testimone di speranza, scegliendo la via dell’amore. Nel curare, infatti, non faceva distinzioni e riservava a ciascuno l’attenzione necessaria, facendosi promotrice di perdono.
Nei momenti più difficili rimane ai piedi del tabernacolo, pregando per aggrediti e aggressori. Infine, constatando la profondità della ferita di quella terra, sceglie la via più estrema: l’offerta vittimale per la riconciliazione tra Shuar e coloni. Afferma: «Sarei molto contenta di offrire la mia vita perché la pace torni in questa popolazione» e il Signore gradisce la sua offerta.

Tratto dal numero 8-9 (Agosto-Settembre 2025) di “Fiaccolina”